giovedì 27 luglio 2006

I. 1. Osbert

È un tardo pomeriggio estivo e stranamente non si respira il caldo umido della mattina. Sto abbastanza bene, devo ammettere, seppur io senta la presenza di oggetti che emanano bollenti vibrazioni di un’aria scottante: cemento di palazzine limitrofe, asfalto poco vicino e roventi lamiere di auto che camminano inquinando le mie orecchie di un frastuono accecante. Vi è un leggero vento che rinfresca, l’unica cosa buona che non mi fa pentire della scelta di mia cugina di andare a leggere i nostri libri del momento su una piazza, su questa piazza.
Graziosa, devo confessare; cosparsa e ricoperta di un verde intrecciato. Un floreale che mi ispira o forse mi rilassa un po’ soltanto, anche se questo è dovuto al mio ignorare di proposito quella trascuratezza che minaccia severamente la magia del posto.
I petali del glicine echeggiano la serenità da ritrovare. Jane sfoglia un libro, non riesco a vedere la copertina, dunque non so di cosa si tratta ed io seduto sulla panchina ombrosa le sto affianco.
«La vuoi smettere di osservare quella coppietta?»
E chi sta osservando, mi domando col pensiero e scuoto leggermente la testa in segno di smentita. Chinando il capo riprendo a leggere, almeno faccio finta. Difatti penso ancora tre secondi al rimprovero e nascondo il fastidio. Ci poteva essere il rischio di esser sentita dal ragazzo e magari se la sarebbe presa.
A dire il vero sto osservando la coppietta per davvero, ma a tratti; non è da me spiare le persone. Ogni venti righe sollevo lo sguardo per vedere a che punto sono rimasti.
La ragazza non è di buon umore, di questo me ne sono subito accorto. Lui fa il tenerone, sfrega con una mano la coscia o magari le accarezza la mano, con l’altra gioca coi suoi bei capelli castani, ma con una delicatezza non vera, quasi insicura, temendo una brusca reazione, la quale non si fa tanto aspettare.
Allora lui si alza dalla panchina e si allontana con fare severo. Lei non è per niente soddisfatta della reazione del compagno e le sue sopracciglia si contraggono manifestando chiaramente il suo disagio.
Di sicuro hanno bisticciato e lei sta pretendendo delle scuse.
Una colonna di macchine ferme al semaforo attirano la mia attenzione e il mio sguardo rimane incantato.
Quei due ragazzi mi fanno ricordare alcuni momenti passati con June, non certamente dei momenti felici. Quella ragazza ha i suoi stessi atteggiamenti irascibili, ma che nascondono una grande tenerezza; tuttora non capisco cosa di preciso non andava.
La cugina interrompe: «Ehi! Sono le sette, è tardi! Osbert, dobbiamo passare prima al centro commerciale, ti ricordi vero?». Mi sorprende che le persone che mi stanno affianco hanno nomi simili, a volte chiamavo mia cugina con il nome di June e viceversa. Prima che sparisse la piazzetta dalla mia visuale, volto la schiena e getto un ultimo sguardo. La mano di lui sfiora il suo viso mentre si scambiano dei teneri baci.
Tuttora di preciso non capisco cosa non andava con June, la mia cara piccola June, ma ora sto pensando di accompagnare Jane a comprarsi il profumo.